Avv. Barbara RUZZA
CENTRO STUDI THNET
QUESITO:
“LIMITI ALL’USO DI UN SISTEMA DI VIDEOSORVEGLIANZA PRIVATO INSTALLATO IN AREA COMUNE E RIMEDI A TUTELA DELLA PRIVACY DEI CONDOMINI”.
Si richiedono di individuare i possibili rimedi a tutela del diritto alla riservatezza personale dei condomini, nel caso in cui uno di essi abbia installato una videocamera di sorveglianza sulla scala comune del condominio, con obiettivo puntato sulla propria porta di ingresso.
Onde poter dare soluzione alla presente questione, occorre preliminarmente precisare che l’art. 1122 ter del C.C., introdotto con la legge n. 220 del 2012 recante “Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici”, prevede che le installazioni nelle parti comuni dell’edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza debbano essere approvate dall’assemblea con la maggioranza di cui al secondo comma dell’art. 1136 C.C., ovvero in un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell’edificio.
L’uso di impianti
individuali da parte dei singoli condomini, finalizzati alla esclusiva tutela personale, è invece giustificato dall’art. 1102 C.C., norma dettata in materia di comunione e volta a regolare l’uso della cosa comune, la quale concede a ciascun partecipante di servirsi del bene in comunione a patto di non alterarne la destinazione.
A regolare le modalità ed i limiti all’uso delle telecamere è più volte intervenuto il Garante della Privacy, individuando taluni principi di cui l’utilizzatore deve tenere conto per servirsi dell’impianto. Tali sono, principalmente, il criterio di proporzionalità (per cui l’uso del sistema di sorveglianza deve essere proporzionato al “rischio reale” presente nel luogo di interesse, il che esclude l’uso di videocamere qualora i luoghi siano già diversamente e idoneamente tutelati) e di finalità (per cui la ripresa delle immagini deve avvenire all’esclusivo scopo di sicurezza e prevenzione). Lo stesso Garante della Privacy ha, peraltro, da ultimo con Vademecum del 10 ottobre 2013, escluso l’applicabilità delle disposizioni a tutela della privacy (esonerando per l’effetto l’utilizzatore dall’onere di apporre cartelli che denuncino la presenza della telecamera) nel caso in cui le immagini acquisite e le riprese non vengano sistematicamente diffuse o comunicate a terzi, ma si riferiscano a scopi esclusivamente personali.
Costante giurisprudenza ha individuato, poi, quale condizione giustificativa dell’installazione dell’impianto, la circostanza che venga inquadrata la sola area di pertinenza dell’appartamento e non, per esempio, il pianerottolo, le scale comuni o gli spazi esclusivi degli altri abitanti (cfr. Trib. Varese, 1273/2011); pena, in extremis, la possibilità di incorrere nel reato di interferenze illecite nella vita privata di cui all’art 615 bis C.P.
Pertanto,
nel caso in cui l’impianto così installato dal condomino a proprie spese non risponda alle sovraelencate caratteristiche di riservatezza, esso deve necessariamente incontrare il consenso degli altri condomini per poter essere installato e utilizzato (cfr. Trib. Di Trani 28 maggio 2013).
In linea con tale filone giurisprudenziale
si pone l’ordinanza del Tribunale di Varese, sez. I civile, n. 1273 del 16 giugno 2011: “Il condomino non può installare delle telecamere di controllo riprendendo gli ambienti condominiali comuni, anche se l’installazione è a tutela della propria sicurezza ed è stata fatta a seguito di diversi furti ed effrazioni. L’impianto va dunque rimosso immediatamente a spese del condomino che lo ha installato e sotto la sua responsabilità. Infatti, nel silenzio della Legge, il condomino non ha alcun potere di installare, per sua sola decisione, delle telecamere in ambito condominiale, idonee a riprendere spazi comuni o addirittura spazi esclusivi degli altri condomini.
Non solo, ma nemmeno il Condominio ha la potestà normativa per farlo, eccezion fatta per il caso in cui la decisione sia deliberata all’unanimità dai condomini, perfezionandosi in questo caso un comune consenso idoneo a fondare effetti tipici di un negozio dispositivo dei diritti coinvolti.”
Sul punto si è pronunciata anche la Suprema Corte di Cassazione, con ordinanza n. 12139/2015, ribadendo il principio per cui è legittima l’installazione di una telecamera in condominio o davanti alla propria abitazione, ma è sufficiente che la stessa riprenda anche in parte proprietà di fronte o vicine per integrare una violazione del principio di riservatezza.
Nel merito
occorrerà pertanto verificare se l’angolo di ripresa della videocamera installata sulle scale condominiali inquadri solo ed effettivamente la porta di ingresso dell’utilizzatore o se l’inquadratura interessi un più ampio raggio, comprendente anche l’androne delle scale o le porte di accesso a proprietà limitrofe.
Concludendo
ciascun condomino dispone del potere di installare telecamere di videosorveglianza in ambito condominiale, a patto che le stesse si limitino ad inquadrare gli spazi di proprietà esclusiva del condomino che si serve dell’impianto e non invece spazi comuni o esclusivi degli altri condomini.
Il mancato rispetto dei principi di finalità e proporzionalità nell’uso del sistema di videosorveglianza giustificherà, pertanto, l’accoglimento di un ricorso cautelare di urgenza, in accoglimento del quale potrà essere ordinata la immediata rimozione dell’impianto a spese del condomino che lo abbia installato, oltre all’applicazione delle sanzioni civili e quindi collegata alla lesione della sfera private degli interessati ed all’eventuale risarcimento danni ai singoli soggetti danneggiati.